venerdì 2 agosto 2013

LIFE
Il giorno dopo

Diciamo che sei a un punto di svolta. Un periodo nuovo, tutto tuo. Un momento anche egoistico, di accumulo punti sulla tessera della vita.
Diciamo che non vai troppo per il sottile: tutto cotto e mangiato.
E diciamo pure che hai scoperto una nuova parte di te che credevi non ti appartenesse, ma che invece ti calza a pennello. Almeno per ora.
Ora, mettiamo che alla tua affatto discreta lista si aggiunga un appuntamento, uno dei tanti, che sembra prospettare sempre lo stesso copione attuato nell'ultima settimana, anche se qualcosa ronza nella testa. Non sai cos'è, ma sai che c'è.
Ti presenti all'appuntamento baldanzoso, sfoggiando la tua camicia preferita, unitamente a una buona dose di autostima e un pizzico di curiosità (alimentato dal ronzio di cui sopra).
E poi succede qualcosa.
Succede che inizi a chiacchierare, a scambiare battute, a parlare di passioni, in comune o meno, a mangiare un gelato.
E passa un'ora. E forse qualcosa di più. E in quest'ora ti accorgi che forse, preso dalla voglia di accumulo e di conferma del fatto che sì, qualcosa è cambiato, ti eri dimenticato del fattore umano, davanti al quale non c'è bella statuina che regga.
La leggerezza, la spensieratezza di passeggiare di sera nella tua città, senza pensare a nulla, se non a goderti il momento.
E quella leggerezza, quella spensieratezza, mandano a puttane i tuoi buoni propositi di uomo che non deve chiedere mai, al punto che poi, sopra le lenzuola (sotto è improponibile, il 2 agosto), sei confuso, non sai come muoverti, hai paura di non dare il meglio di te (come se fossi in gara contro chissà quale avversario, invece di giocare nella stessa squadra con un alleato).
Poi ti saluti, fai un sorriso e torni sulla tua strada.
E il giorno dopo ti guardi un attimo indietro, senza nemmeno capire perché non arriva quel gesto di spontaneità da parte tua che ti consenta di dire "Ehi, sconosciuto! Grazie per la bella serata, sono stato bene". O magari ti arriva troppo tardi.
E inevitabilmente, dandoti un lieve scappellotto, ti chiedi: da quando in qua per ringraziare qualcuno devi sentire la necessità di chiedere il permesso?
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