domenica 8 settembre 2013

LIFE
Il savoir faire nell'arte di scopare

È successo stasera, durante la solita conversazione via WhatsApp con il mio alter ego/amico/fac-simile, e in risposta alla mia domanda: "Però ci vuole anche un po' di savoir fare, non trovi?", ricevo un secco: "No".
La mia espressione somiglia a quella di Clara Calamai riflessa nello specchio di Profondo Rosso.
OK, vediamo di chiarire il punto.

Una serie di preconcetti, strutture e insicurezze abbinata a una massiccia di dose di seghe mentali mi hanno portato nella vita alla convinzione che in qualunque situazione, con qualsiasi persona si interagisca, il savoir faire sia fondamentale. Anche in una scopata.
Voglio dire, il buon vecchio "saper campare" per me non passa mai di moda.
Devo rifiutare un invito? Cerco di far capire che lo apprezzo, ma che sono impossibilitato ad accettarlo.
Devo troncare con qualcuno che non mi va perfettamente a genio? Cerco di far capire che sono emerse delle incompatibilità che ci impediscono di proseguire il discorso, senza che la colpa sia di uno o dell'altro.
Devo passare qualche ora con qualcuno senza impegni o complicazioni di qualsiasi sorta? Cerco di creare una situazione in cui entrambi possiamo sentirci a nostro agio e in perfetta intimità, anche se non ci vedremo più.
Queste sono le regole, o almeno quelle che applico io.
Tendo a vedere le cose tendenzialmente bianche o nere. Sono poche le sfumature che mi concedo.
Fermo restando che ognuno è libero di pensare e agire nel modo che ritiene più consono alla propria personalità, se un incontro si ripete più volte e si condisce di ingredienti particolari, quali una cena, una buona dose di gesti affettuosi, stabilendo una sorta di pseudo-continuità che va a uccidere la fretta e furia con cui ci si riveste quasi con un po' di vergogna e si ritorna nelle proprie case nemmeno si fosse andati a svaligiare una villa sull'Appia Antica, il significato che attribuisco a queste sensazioni è quello di provare a vedere se sussistono le condizioni per guardare un po' al di là del proprio naso, pur consapevole che l'interpretazione è puramente soggettiva e può non essere condivisa da chi interagisce con me. Me ne assumo tutte le responsabilità del caso.
L'ingranaggio per me si inceppa quando subentra la sensazione che dall'altra parte, pur con una risposta continuativa, mi si lasci sistematicamente carta bianca per organizzare anche un semplice momento di divertimento. O quando si palesa l'idea che, se mi dice bene, posso riuscire ad inserirmi in un piccolo spazio all'interno di un'agenda apparentemente fitta di impegni. Se così fosse, ritengo sarebbe il caso di non darlo a vedere, perché a quel punto, è più forte di me, non lascio spazio nemmeno a un incontro di puro relax senza il benché minimo strascico di coinvolgimento emotivo.
E qui torno al punto iniziale: il savoir faire. Essenziale, per quanto mi riguarda, anche "in quei momenti lì".
D'altronde, colpa mia, quando vado al supermercato a comprare un pezzo di manzo, tendo sempre a scegliere quello che si presenta meglio, pur sapendo che, negli altri casi, sempre di manzo si tratta.
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