lunedì 29 dicembre 2008

CINEMA
Non si sevizia un paperino

Titolo originale Non si sevizia un paperino
Paese di produzione Italia
Anno 1972
Durata 102 min
Regia Lucio Fulci
Sceneggiatura Gianfranco Clerici, Lucio Fulci, Roberto Gianviti
Fotografia Sergio D'Offizi
Montaggio Ornella Micheli
Musiche Riz Ortolani
Scenografia Pier Luigi Basile
Costumi Marisa Crimi
Cast Tomas Milian, Florinda Bolkan, Barbara Bouchet, Irene Papas, Marc Porel, George Wilson, Antonello Campodifiori, Ugo D'Alessio, Virginio Gazzolo, Franco Balducci, Vito Passeri, Andrea Aureli, Linda Sini, John Bartha, Duilio Cruciani

Siamo ad Accendura, tipico paese sassoso della Lucania. Gli abitanti sono sconvolti da una serie di delitti perpetrati ai danni di bambini quasi adolescenti. Il magistrato indaga, col supporto della polizia locale e dell'Arma, ma la popolazione, da subito insorta, cerca il colpevole, un qualunque capro espiatorio. Indaga anche un giornalista di città (Tomas Milian), venuto a seguire l'evento per un quotidiano nazionale e da subito perplesso sui primi risvolti dell'indagine. I bambini morti frequentavano tutti l'oratorio locale, gestito da un giovane parroco che ha una sorellina sordomuta. L'accusato del primo delitto è lo scemo del villaggio, ma risulta da subito evidente che il suo deficit intellettivo non può avergli consentito le pur che minime strategie omicide. La folla comunque lo voleva linciare, i tre bambini, tra loro amici, sono stati prima storditi e poi strozzati; l'attacco all'infanzia acceca il popolo, che tocca l'apice dell' insensato quando superstizione e ignoranza vanno a colpire una sfortunata donna del luogo, dedita a piccole e innocue stregonerie paesane. La fattucchiera, chiamata da tutti la "Maciara" (una selvaggia Florinda Bolkan), vive rintanata nelle zone rocciose ai margini del paese e venera le ossa del corpicino del figlio che aveva perduto anni prima. La donna ha fatto una fattura sui bimbi, infilzando pupazzetti di cera (tipo rito voodoo), perché profanatori della tomba del figlio, considerato dai paesani un frutto del maligno (forse per questo non sepolto in terra consacrata). La "Maciara" si auto accusa, nell'ignoranza in cui è vissuta crede sia lei la vera colpevole delle morti, ma quando sente che i bimbi sono stati uccisi per soffocamento resta disorientata. Viene subito rilasciata, ma per il paese ormai è colpevole: verrà massacrata a bastonate e catenate in una delle più atroci scene della pellicola. Ma poi un altro delitto, un altro bambino dell'oratorio. Tutti questi fatti dimostrano che si è cercato nella direzione sbagliata, gli indizi portano il giornalista verso una ragazza ricca (Barbara Bouchet), figlia di un abitante del luogo che ha fatto fortuna al nord, trasferitasi in terra lucana per problemi di droga. L'indizio si rivela infondato ma l'uomo ha un'intuizione, un dubbio: cosa ci fa la testa mozzata di un paperino nel luogo dell'ultimo delitto? Le motivazioni di tanto orrore verranno a galla: saranno agghiaccianti.
Capolavoro indiscusso di Lucio Fulci, uno dei pochi film (insieme a "Tenebre" di Dario Argento) in cui il Male non si insida nel buio, ma sotto il sole accecante della Basilicata. Ritratto perfetto dell'ottusità morale e dell'ignoranza superstiziosa del nostro Paese. Ambientazione perfetta, attori indiscutibilmente in ruolo, fotografia calda, sceneggiatura impeccabile. Pochi gialli riescono a entrare nelle ossa in maniera così profonda. Indicato agli amanti del thriller italiano, ma non solo a loro.

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